
L’enorme ricchezza italiana di prodotti, vini, piatti tipici e “food expertise” che ci viene riconosciuta nel mondo, da sola non basta per creare una vera destinazione turistica intorno a un’eccellenza. Il percorso è molto più complesso e necessita di una strategia basata su dati, visione, analisi, coinvolgimento e cooperazione degli operatori, creazione di prodotti turistici, eventi, approccio sostenibile, utilizzo delle più moderne tecnologie, distribuzione e promozione, anche e soprattutto digitale.
A BTO 2025 ne parleremo con due massimi esperti: Francesco Tapinassi, direttore scientifico di BTO e direttore di Toscana Promozione Turistica, e Bruno Bertero, Direttore Generale dell’Ente Turismo Langhe Monferrato Roero.
Abbiamo chiesto a Bruno Bertero una riflessione su alcuni temi che verranno poi approfonditi a Firenze.
Bruno, come ci si sente ad essere il destination manager di una destinazione enogastronomica riconosciuta in tutto il mondo?
Il riconoscimento di una destinazione enogastronomica dipende in larga parte dal lavoro di rete e di sinergia che il territorio riesce ad esprimere; in questo caso il lavoro del Destination Manager è quello di essere il “collettore” nei confronti delle diverse realtà. Il tema enogastronomico oggi è uno degli elementi più importanti per la definizione del valore turistico di una destinazione come Langhe Monferrato Roero. Questa riconoscibilità è data principalmente dai due prodotti tipici del territorio: tartufo e vini, come Barolo, Barbaresco e con la recente aggiunta Alta Langa. La loro storia, iniziata decenni fa, racconta di un territorio operoso in grado di affrontare le sfide che il mercato ha imposto nell’arco degli anni, affrontando i periodi di crisi e lavorando per la costruzione di una destinazione attrattiva. Il valore aggiunto di Langhe Monferrato Roero sono i brand territoriali. L’esempio classico sono “Barolo” e “Barbaresco”, veri e propri marchi riconoscibili e riconosciuti, che oltre a rappresentare nomi di territori, identificano due prodotti italiani tra i più noti al mondo.
Quali sono gli asset principali su cui fondare una destinazione (eno)gastronomica?
In senso generale, ogni destinazione deve avere una caratteristica specifica, unica, peculiare, per poter essere considerata destinazione enogastronomica. Questo soprattutto in una nazione come l’Italia, dove ogni area rappresenta una peculiarità agroalimentare e ancora di più, in una regione come il Piemonte, dove si produce il 25% della DOP, DOC e DOCG italiani.
Fondamentale per la destinazione turistica è la capacità di valorizzare il locale rendendolo elemento di attrazione,partendo dall’identificazione della qualità, del valore e dell’eccellenza per costruirci attorno un tema di narrazione che oggi rappresenta l’elemento principale delle motivazioni di viaggio per i turisti nazionali e internazionali.
Secondo i dati (cifr. Rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano di Roberta Garibaldi), tra ottobre 2024 e marzo 2025, il 15,3% dei viaggiatori europei ha inserito l’enogastronomia tra le principali motivazioni di viaggio. Può un solo prodotto (eno)gastronomico forte essere la base per la destinazione? La sola offerta enogastronomica basta veramente per creare una destinazione?
Naturalmente non è sufficiente un unico prodotto enogastronomico a costruire la destinazione. Oggi il turista si orienta basandosi sulla narrazione offerta da un territorio e una buona narrazione turistica si basa sulle persone, sulle tradizioni e sui prodotti locali. Infatti, il tema enogastronomico di una destinazione lega l’alta qualità di una materia prima (o la sua trasformazione in un prodotto finito) alla tradizione del luogo in cui si produce. Sia la trasformazione, sia la tradizione viene perpetuata nel tempo dalla comunità locale.
Amo definire l’enogastronomia una commodity: le intenzioni di viaggio legate direttamente al food&wine sono basse rispetto alle motivazioni classiche (relax, cultura, ecc), ma è corretto dire che il valore enogastronomico dell’offerta rappresenta un valore trasversale a qualsiasi offerta turistica.
Quali sono gli errori da non fare e quali sono i modelli da seguire nella gestione di una destinazione gastronomica?
I principali errori che vengono commessi derivano dalla falsa credenza di poter operare esclusivamente in chiave di valorizzazione del prodotto stesso. Oggi, proprio grazie agli studi sul comportamento del turista, sappiamo bene che non è più sufficiente una tipicità per creare una destinazione turistica di qualsiasi tipologia. Occorre infatti immaginare l’offerta enogastronomica come un insieme di fattori che in prima istanza rispondono al criterio di sostenibilità in ogni sua sfaccettatura: siamo abituati a parlare di “km zero”, siamo abituati a parlare di filiera corta, ma troppe volte dimentichiamo il valore delle comunità locali e delle persone che portano avanti la tradizione, i procedimenti, le conoscenze che consentono di produrre una tipicità.
I modelli più efficaci da seguire coinvolgono le comunità, tutelano le tipicità, valorizzano le relazioni, implementano strategie di comunicazione e utilizzano stili di narrazione innovativi.
Quanto è importante il digitale nella comunicazione della destinazione?
È proprio il digitale la chiave di successo delle destinazioni enogastronomiche.
Viviamo in un periodo in cui l’accelerazione digitale ha permesso ad ogni iniziativa, soggetto e destinazione il proprio posizionamento in un mondo globale. Per organizzare un’azione di marketing efficace sono basilari l’utilizzo dei social per la narrazione, di piattaforme digitali per la vendita e la prenotazione dei servizi e un sito web che metta in dialogo, in ottica di “ecosistema digitale” che permetta di digitalizzare il ciclo dell’esperienza turistica e il prodotto turistico.
Nella tua opinione, in una destinazione turistica, con quali altri prodotti turistici si combina il turismo enogastronomico?
Prima abbiamo definito l’enogastronomia come una commodity: nel caso della destinazione Italia possiamo dire che il viaggiatore sa perfettamente che la sua esperienza di viaggio complessiva comprenderà un’esperienza enogastronomica: una cantina, un ristorante uno chef stellato, una trattoria, una bottega nella quale comprare i prodotti tipici o un mercato nel quale trovare tipicità decisamente locali. Sono tutti elementi che vanno ad arricchire qualunque tipo di esperienza turistica.
Quale impatto può avere il turismo enogastronomico nel raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità e in termini di ricadute economiche?
Riassumendo quanto detto, se la sostenibilità si declina nelle dimensioni ambientale, etica ed economica, il turismo enogastronomico ne incarna perfettamente la parte etica: lavorare sul turismo enogastronomico implica lavorare sulle comunità, sui produttori e sulle produzioni locali, salvaguardando quelle tradizioni e culture che oggi troppo spesso vengono dimenticate ma che sono alla base della costruzione di una “comunità viva” in grado di mantenere un valore locale autentico e insostituibile nell’immaginario collettivo dei turisti.
Cosa fare quando il prodotto enogastronomico di una destinazione raggiunge la sua maturità?
Generalmente, la maturità di un prodotto si ottiene intorno al terzo anno di vita, ma nel caso di prodotto enogastronomico la sua durate è decisamente più lunga proprio perché è collegato a un’offerta di materia prima che si rinnova e, soprattutto, di persone che si rinnovano.
Detto questo, però, negli ultimi anni, le destinazioni enogastronomiche hanno avuto la necessità di rinnovare, non tanto il loro prodotto, ma il loro modello di offerta e di vendita.
Il rinnovamento di una destinazione gastronomica passa attraverso comunicazione e cooperazione efficaci ed all’allargamento di quelle che sono le reti di relazioni degli operatori. Oltre a questo, è necessaria la continua capacità di innovare attraverso narrazioni efficaci, come è avvenuto nel nuovo racconto della ristorazione italiana, che ha saputo integrare la sua narrazione unendo e non contrapponendo la ristorazione degli chef stellati a quella delle trattorie.
Concludendo, qualsiasi esperienza di viaggio può considerarsi completa solo se include un’esperienza enogastronomica. E questo è un aspetto di cui i turisti sono consapevoli.
Per ottenere questi risultati, la destinazione dovrà continuare ad evolversi anche analizzando l’offerta dei competitor in termini di rimodulazione del prodotto e di comunicazione su segmenti cluster e aree geografiche diverse.
L’intervista è stata curata da Roberta Milano coordinatrice del topic “Food & Wine Tourism” di BTO e responsabile editoriale di BTO.
L’appuntamento per la Cassetta degli Attrezzi dal titolo “Tra il dire e il fare: come il turismo enogastronomico può diventare un driver strategico territori e operatori”è il 12 novembre alle ore 11:00 in Hall #7
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