
La comunicazione non è solo una leva di promozione ma un atto di responsabilità civile. Raccontare il viaggio in modo autentico e inclusivo significa riconoscere che muoversi liberamente non è ancora un diritto garantito a tutti. Parlare di inclusione vuol dire interrogarsi sui limiti – culturali, legislativi e sociali – che ancora impediscono a molte persone di viaggiare in sicurezza. Approfondiremo il tema a BTO con Stefano Ferri nel panel “Narratori per cosa? Comunicare il turismo con coscienza tra impatto, inclusione e nuove responsabilità”.
Stefano, perché oggi comunicare il turismo significa anche assumersi una responsabilità verso le persone e i loro diritti?
Perché viaggiare non è un atto neutro. È un gesto che implica libertà, sicurezza e riconoscimento. In un mondo dove ancora troppe persone non possono scegliere dove andare senza rischiare discriminazioni e violenze, comunicare il turismo significa anche ricordare che la libertà di muoversi è un diritto, non un privilegio. Che purtroppo in alcuni luoghi non è ancora riconosciuto.
Parlare di inclusione, dunque, non può essere solo una questione di linguaggio o immagine. Cosa intendi quando dici che deve diventare una pratica reale?
Inclusione non è una parola da usare nei claim delle campagne. Ci sono persone che non scelgono una meta per motivi culturali o economici ma per paura. Il turismo è globale, ma il pianeta è pieno di disuguaglianze. Ogni volta che si viaggia, specie fuori dall’Unione Europea, bisognerebbe chiedersi se in quella destinazione esistono leggi o consuetudini che penalizzano determinate identità. In oltre sessanta Paesi si può essere arrestati semplicemente per la propria appartenenza o per l’aspetto fisico.
Hai ricordato che esistono ancora leggi discriminatorie. Quanto pesa questa realtà nella comunicazione turistica?
Moltissimo, ma se ne parla ancora troppo poco. In certi casi non si tratta solo di disagio o stigma sociale ma di rischi veri. Eppure, queste informazioni raramente vengono evidenziate nei siti ufficiali o nelle guide per i viaggiatori. È qui che nasce la responsabilità di chi comunica. Dobbiamo riconoscere che esistono persone molto più limitate di altre nella scelta delle destinazioni, e tenerne conto. L’inclusione, in questo senso, non è un valore astratto: è una necessità di tutela.
Come immagini un futuro in cui viaggiare sia davvero un diritto per tutti?
La vera svolta ci sarà quando chiunque potrà viaggiare ovunque senza paura. Quando una persona potrà atterrare ovunque e sentirsi al sicuro, senza nascondere chi è. Quel giorno potremo dire di vivere su un pianeta inclusivo. Ma per arrivarci serve una trasformazione culturale profonda. Accettare la diversità come parte della normalità, non come eccezione da tollerare.
C’è maggiore consapevolezza oggi rispetto a qualche anno fa?
Sì, ma la strada è ancora lunga. È cresciuta la sensibilità, ma resistono barriere invisibili. Superare diffidenza e paura dell’altro significa costruire una cultura del rispetto e dell’ascolto. Solo allora il viaggio potrà tornare a essere ciò che dovrebbe essere per tutti, un’esperienza di libertà, di incontro e di uguaglianza.
L’intervista è stata realizzata da Paola Olivari.
La cura editoriale è di Roberta Milano.
Vuoi ascoltare Stefano Ferri dal vivo?. L’appuntamento è per il panel “Narratori per cosa? Comunicare il turismo con coscienza tra impatto, inclusione e nuove responsabilità”, con Olga Mazzoni, The Great American West, Ottavio Di Brizzi, Touring Club Italiano, Paola Olivari, Guida Viaggi, e Bruno Pellegrin, Loquis.
11 novembre alle ore 14:00 in Hall #2.
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